Il coronavirus ha cambiato il mondo e anche il calcio!
Si torna pian piano alla normalità, o ad una presunta tale, ma mettiamoci bene in testa che niente sarà più come prima.
È questo il tormentone degli ultimi tempi, tra virologi che a suon di ospitate televisive insistono col schiaffarci in faccia la brutta verità: finché non ci sarà il vaccino, dovremo dimenticare la vita a cui eravamo abituati.
Anche il calcio è tra queste e passerà molto tempo prima di tornare a mangiare lo stoppaccioso hot dog liofilizzato e bere la birra che sa di tutto fuorché di birra, sugli scomodi seggiolini dello stadio.
Raccontato così sembra un incubo, ma non lo era affatto.
E per un momento mi cade lo sguardo su quel biglietto sbiadito dell’ultima partita che ho visto: Lazio-Inter.
Quando il mondo conosceva il coronavirus da lontano, quando la tv trasmetteva le immagini da Whuan con la gente segregata in casa che cantava affacciata alla finestra per sentirsi meno sola.
Poco dopo ci saremmo stati noi dietro la finestra, perché un virus bastardo uscito dal c**o di un pipistrello, ha deciso di camminare indisturbato per il mondo.
Allora guardo quel biglietto sbiadito e mi sento triste, sconfitta dal virus bastardo uscito dal c**o di un pipistrello.
E penso che passerà ancora molto tempo prima di tornare a cantare sul seggiolino scomodo dello stadio, prima di bere la birra che sa di tutto tranne che di birra e soprattutto, passerà tantissimo tempo prima di tornare ad abbracciarci per un gol.
Esisteva il calcio prima, esisterà ancora, anche se un po’ diverso.
Inizierei affermando con sicurezza che la Uefa ha preso decisioni molto più rilevanti e unitarie, Ceferin ha sempre strillato ai quattro venti l’intenzione di finire campionati e Coppe. 
Il Belgio e la Francia hanno cantato fuori dal coro,  i presidenti delle varie squadre che si sono impegnati ad assegnare all’attuale capolista il titolo bloccando a metà la stagione 2019/2020.
Una presa di posizione non gradita nei salotti buoni del calcio europeo.
Il discorso però, deve spostarsi anche sulla crisi economica che, senza ormai alcun dubbio, sarà la protagonista del “post-coronavirus”.
Cosa succederà calcisticamente parlando? Meno soldi da spendere, pochi faraonici colpi di calciomercato, meno sfarzo alla CR7….meno tutto insomma.
Sarà davvero un male il limitato giro di milioni? 
Penso che vadano aiutate le società dilettantistiche perché non sarebbe giusta una mattanza di piccole realtà.
Per quanto riguarda il “calcio che conta”, credo che avessero perso la testa tra prezzi monstre per gli acquisti e gli ingaggi.
Dopo questo virus, magari tutti abbracceranno la filosofia lotitiana: oculatezza.
In un mondo ideale dopotutto, i calciatori dovrebbero essere pagati per il valore e non a “peso merchandising”.
Che il calcio possa tornare ad essere puro come tanti anni fa?
Chiariamoci, il pallone ha un ruolo importante nella ricostruzione della nostra normalità. Non cancellerà via la tragedia, quella ce la porteremo dietro sempre, ma sarà lo stesso capace di raccontare storie uniche.
Se i soldi iniziassero a diminuire anche per le “big”, a quel punto forse il campionato sarebbe equilibrato e passerebbe il messaggio che non vince sempre il più ricco, ma quello con più palle e valori.
Praticamente ciò che stava dimostrando la Lazio prima che il coronavirus ci separasse, rosicchiando via una fetta di gloria alla Juventus che oramai ha trasformato la Serie A nel suo terreno di conquista.
Il pallone aveva perso la bussola sì, tra cifre monstre spese sul mercato dove, il primo sbarbatello coordinato capace di muovere i piedi, viene venduto a prezzo stellare sulla base di un “potenziale”.
Esisterà il calcio post coronavirus, abbiamo parlato della riduzione della liquidità e di qualche presunto pregio in questo, almeno secondo la mia modesta opinione che non conta un c***o.
Il calcio post- coronavirus però, ci metterà davanti a mille bivi. Orari e giorni strani, Coppa Italia e Coppe Europee buttate giù tutte d’un fiato e l’impossibilità di festeggiare il Tricolore come si dovrebbe.
Ci sarà poi lo spettro dello stop in campionato che ci seguirà ovunque, come ricordano i virologi a suon di ospitate in TV, ci fiaterà sul collo fino alla scoperta del vaccino e lo farà pure nella prossima stagione.
Questa sarà la nostra nuova normalità.
Pensiero costante tra le terminologie entrate a gamba tesa nel nostro linguaggio giornaliero, “curva epidemiologica”/ “test sierologici“/ “tamponi” /”COVID”.
Mentre corrono le mie riflessioni, i “capoccia” del calcio stanno già riflettendo sul piano B, C, D…. Intanto il mondo sta iniziando a guarire, correndo il rischio che l’ebrezza faccia perdere prudenza.
Gli ospedali si stanno svuotando, ma è proprio oggi che va fatto l’ultimo sacrificio per avere la libertà.
Mai sottovalutare un nemico così infido e silenzioso, perché miei cari complottisti, il coronavirus esiste per davvero e non è un’invenzione.
Abbiamo visto camion militari portare via decine e decine di bare, immagini destinate purtroppo a rimanerci in testa.
Intanto spero che prima o poi potremmo dire – Ao’ ma te ricordi il COVID?- e farlo magari con una birra che sa di tutto fuorché di birra, una domenica allo stadio!

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